I Terribili due: piccolo bignami di sopravvivenza.

Negli ultimi tempi ho testato alcuni metodi per cercare di affrontare al meglio i momenti di crisi di Teo (i Terrible two sono arrivati anche a casa nostra!) e la fase della nanna.

Li condivido volentieri nel caso anche voi vi troviate ad affrontare questi simpatici momenti e se avete altri consigli sarei davvero curiosa di conoscerli.

 

Capricci e fase oppositiva

arghhh_by_lordcraigus
immagini tratte da internet

Se quasi improvvisamente vi ritrovate tra le mani un bambino che fa capricci, non ascolta e vuole fare (quasi) tutto da solo, siete probabilmente nel pieno dei Terrible two. E’ una fase di crescita (di solito tra i 18 e i 36 mesi) in cui i piccoli, attraverso una quotidiana lotta per l’indipendenza, si trasformano in grandi, scoprono di essere altro rispetto alla mamma e di avere bisogni e desideri propri.

Insomma, quel periodo rilassante in cui i “no” sono all’ordine del giorno, la testardaggine è alle stelle e i pianti sono, talvolta, inconsolabili.

Il mio ometto ha quasi 2 anni e mezzo e, se anche non avessimo fatto attenzione al calendario, ci saremmo comunque accorti che qualcosa di nuovo stava succedendo. Teo,  infatti, è un bimbo nato con il sorriso sulle labbra e, fin da piccolo, è sempre stato molto socievole e accomodante, tuttavia, da questa estate, ha iniziato ad avere dei momenti in cui facevo fatica a riconoscerlo.

Certo, tutto normale, è una fase da attraversare, ogni bambino ci passa, chi prima chi dopo, ma porca miseria che fatica e che sconforto a volte!

E’ la fase delle prime “frustrazioni”, della grande voglia di esplorare ma di stare, al contempo, ancora saldamente attaccati alla gonna di mamma, dell’iniziare a sperimentare i limiti e assaggiare le diverse emozioni. La rabbia, soprattutto, è centrale nel sentire dei bambini, in particolare di quelli piccoli, che la sperimentano in continuazione, essendo parte integrante del loro percorso di crescita.

Trovo che mi stia aiutando molto cercare di mettermi nei panni del mio bambino, fare lo sforzo di capire, con grandi dosi di pazienza, i suoi momenti di frustrazione o incertezza, provando ad aiutarlo a dare un nome a ciò che prova.

Siamo solo all’inizio e, a volte, in realtà, mi sembra più un lavoro da fare su me stessa.

Ecco, allora, un piccolissimo bignami  di sopravvivenza, con alcune tecniche che si sono rivelate piuttosto utili in questa fase:

  1. Anticipare le situazioni critiche: questa è forse la regola più importante, prima di affrontare una situazione che può essere fonte di capricci cerco di anticipare quello che sta per succedere, del tipo: “Teo ancora due minuti di ciuccio e poi lo posiamo, lo sai che è solo per fare la nanna“; “Gioca ancora ma fra poco mamma ti chiama per andare a casa a lavarci e mangiare“; “Un cartone e poi ci vestiamo per uscire”; “leggiamo una storia soltanto perchè è molto tardi, poi accendiamo le stelline e facciamo la nanna“. Parlando e anticipando è possibile prepararli alla prossima mossa, che forse (e sottolineo forse) risulterà così più semplice.
  2. L’alternativa: quando propongo qualcosa a Teo cerco, quando possibile, di dare due alternative (entrambe ovviamente fattibili, senza mettermi in difficoltà da sola!); in questo modo gli lascio un certo margine di scelta, che diventa fondamentale per affermare il suo crescente bisogno di autonomia e autoaffermazione.
  3. Dribblare l’ostacolo con una storia: quando fa capricci per lavarsi, vestirsi e uscire (vedi ultimamente la mattina per andare al nido), cerco di renderlo più collaborativo catturando la sua attenzione con una storiella inventata al momento (con i mezzi da lavoro o con quelli di trasporto o soccorso vado sul sicuro!).
  4. Non troppe regole: cerco di essere il più possibile flessibile e di evitare di dire “no” ad ogni cosa, anche se in alcuni casi mi costa davero fatica, questo nella speranza che, man mano, Teo possa comprendere meglio quali sono le regole e i limiti davvero importanti, sui quali non si può proprio chiudere un occhio.
  5. Lasciare sfogare e cercare di rimanere calma: un mega capriccio o un pianto disperato, soprattutto in pubblico, possono creare un forte imbarazzo, possono portarci  facilmente a perdere la pazienza, ad alzare la voce, ma ho tverificato quanto questo possa essere controproducente. Allora provo a lasciarlo sfogare per qualche minuto, mi abbasso fisicamente al suo livello, lo guardo negli occhi e cerco di parlargli con tranquillità. Non sempre, ma molte volte questo atteggiamento è sufficiente per farlo calmare.
  6. Chiedere scusa e imparare l’empatia: è emotivamente impegnativo sgridare il proprio figlio quando ha un comportamento errato o negativo ed essere forti e irremovibili nelle decisioni assunte. A volte sento di non esserlo abbastanza, altre volte, invece, mi sembra addirittura di pretendere troppo da Teo. E’ ancora piccolo ma credo sia fondamentale, fin da ora, iniziare a trasmettergli il messaggio che tutti sbagliamo, che tutti facciamo degli errori – sia i bambini che gli adulti – e che qualche volta le conseguenze dei nostri errori impattano sugli altri, ferendoli. E’ quindi importante insegnare a chiedere scusa, non per semplice educazione, bensì per aiutare i bambini a mettersi nei panni degli altri. Leggevo che l’età compresa tra i 2 e i 6 anni è quella che Piaget chiamava “stadio dell’intelligenza intuitiva”, è proprio in questa fase che i bambini, nonostante non comprendano ancora pienamente il mondo degli adulti, imparano il senso del rispetto, intuiscono che c’è un universo che va oltre le proprie necessità e iniziano a scoprire l’empatia e la reciprocità.
  7. Quando ci vuole, ci vuole: se, per esempio, nonostante le mille parole, la pazienza a palate, dopo aver passato due ore ai giardini, avergli lasciato ancora qualche minuto in più e avergli anticipato che di lì a poco saremmo andati a casa, il nanetto ancora si rifiuta di salire sul passeggino, diventando rigido come un tronco di legno, allora passo alle maniere forti: bloccaggio e chiusura delle cinghie senza ripensamenti. A quel punto lui urlerà e inarcherà la schiena, muovendo le gambe come un pesce appena pescato, ma almeno avrò portato a casa il risultato (nonostante il mio contorcimento di budella) sotto gli sguardi di disappunto – o, se non sono stronze, di solidarietà – delle altre mamme.

Per finire, sul tema Terrible two e sul carico mentale, che ci coinvolge più o meno tutte (ossia il “peso di tutte quelle acrobazie cerebrali, invisibili, costanti e sfiancanti che portano, per il benessere di tutti e il funzionamento efficace della casa, generalmente le donne”), vi consiglio i post ironici e profondi di queste mamme (e blogger) che seguo e apprezzo.

Era tutta colpa del carico mentale di Gynepraio

Prontuario di sopravvivenza ai Terrible Two di Giovanna Gallo

A volte non ascoltare è il modo migliore per essere madre sempre di Giovanna Gallo

Avere una bambina di due anni (e mezzo) di Serena Mammadalprimosguardo

La nanna

Rispetto a quando Teo era neonato, ora la notte finalmente dormiamo (tosse o raffreddori vari permettendo). Mi sembra davvero una conquista enorme, quasi commovente! La fase dell’addormentamento, invece, ci offre ancora, talvolta, qualche bel momento estenuante.

Teo, infatti, anche se stravolto fisicamente, difficilmente crolla, non vorrebbe mai staccarsi dal gioco o da quello che sta facendo per entrare in una dimensione di calma.

Abbiamo creato anche noi una specie di routine serale (su cui non mi dilungo), che è una buona strategia per far comprendere ai piccoli che si avvicina il momento della nanna. Il nostro rituale non è certo da manuale, è molto flessibile e risente, nostro malgrado, degli orari di lavoro del papà ma, comunque, prevede alcuni passaggi fissi: lavaggio dei denti, un cartone e una favola, letta o raccontata.

Spesso, però, aggiungiamo o sostituiamo alla favola un’altra coccola: una storia con massaggio, cioè una storia raccontata toccando alcune parti del corpo di Teo, che, lentamente, in questo modo, si rilassa e addormenta.

Mi spiego meglio: la nostra è la storia della Fata della Nanna (ma ogni variazione è benvenuta, da declinare e arricchire secondo i gusti dei piccoli) che vola, vola e pian piano, si posa prima su un piedino di Teo – dove trova le piccole dita cicciotte che, una ad una, si addormentano sotto il suo magico tocco – poi plana sul popaccio, sul ginocchio, sulla coscia e, via via salendo, sul sederino, sul pisellino, sull’ombellico – dove trova una minuscola piscina per fare un bagnetto – fino ad arrivare alla bocca, al ciuccio, alle guance, alle orecchie, al nasino e, finalmente, agli occhietti di Teo, che, stanchi, si chiudono e si addormentano.

Vi assicuro che funziona, non ci potevo credere nemmeno io le prime volte! E’ davvero tenero e divertente vedere come Teo collabori nel porgermi i piedini e le manine, sollevando la maglia per farmi massaggiare meglio il pancino o togliendosi il ciuccio per far addormentare dalla fatina anche le labbra e i dentini.

E’ sorprendente come, quasi sempre, questa tecnica, questo passaggio della Fata della Nanna, riesca a rilassarlo in breve tempo. Il trucco è la voce dolce e il massaggio fatto di leggeri sfioramenti. E’ una coccola che fa bene a loro ma anche a noi!

Se vi va di provare ditemi poi cosa ne pensate e se avete altri trucchi o suggerimenti sarò molto felice di leggerli!

Ciao, Elisa

20171008_113834-01